Ricomincio da tre
(1981)


Ricomincio da tre è il film che segna l'esordio di Massimo Troisi come attore, autore e soprattutto come regista, e lo consacra ufficialmente attore comico della nuova generazione degli anni '80.
Il film riscosse subito un enorme successo sia di pubblico che di critica (una volta tanto d'accordo), sia per la sua scorrevolezza che per la comicità e la simpatia dei personaggi e diventoò famoso anche per essere stato uno dei film con l'incasso più proficuo del cinema italiano degli ultimi decenni.
Il segreto di questo film è stato quello di lavorare molto sulla comicità, ma di mantenere uno stile comico delicato e più melanconico delle tipiche commediole basate sulla volgarità che tanto furoreggiavano in Italia negli anni '70. C'è una novità molto interessante in questo primo film di Massimo Troisi: il ribaltamento del rapporto uomo forte-donna debole e sottomessa. E' forse anche per questo che il film è piaciuto tanto: la storia è quella di Gaetano, un timido esponente della gioventù anni '80 che ha a che fare con gli effetti del femminismo. Marta, la protagonista femminile, è, infatti, arte attiva del film: incontra Gaetano, lo invita a casa sua, se lo porta a letto...
Sembrerebbe che a Troisi interessi molto questo scambio di vedute; di certo tira aria di nuovo e, da questo film in poi, le donne "forti" saranno presenti in quasi tutti i suoi film. Troisi potrebbe essere considerato, quindi, un femminista? Si, se questo significa dar voce alle donne e farle "parlare" in maniera più autonoma. Massimo Troisi concepisce la donna in una maniera un po' diversa, con un ruolo ben definito nella società,così combattiva e motivata al punto da spaventare l'uomo che le è accanto.
In un articolo di A. Mazza dei primi anni '80 per "RIVISTA DEL CINEMATOGRAFO" (GRANDANGOLO: RIFLUSSO E COMICITÀ-considerazioni sulla comicità di Massimo Troisi), si parla di cinema di serie B e cinema di riflusso, per l'appunto. L'autore disserta su certi attori e registi decisamente molto "folk", come Tomas Milian o Celentano, che considera inaccettabili. Ma poi passa a considerare attori considerati "figli" di questo cinema di riflusso: Nichetti, Verdone, Greggio, Moretti e, naturalmente, Massimo Troisi. Questi sono tutti casi diversi l'uno dagli altri e Troisi, secondo Mazza, cambia la prospettiva degli altri registi che ironizzano e denigrano il riflusso. Troisi, infatti vive la condizione di riflusso "naturalisticamente", né accettandola, né rinnegandola: ci sta dentro e basta, in quanto figlio di una cultura storicamente emarginata, il sottoproletariato napoletano, di cui egli è un colorito esponente. La differenza di atteggiamenti, comunque, non è nei toni esteriori, comuni nei diversi attori, ma nelle gradazioni interne,dove si matura la visione della realtà
Come abbiamo già visto, le prime offerte che ricevette Troisi per la realizzazione di un film furono piuttosto superficiali:i soliti luoghi comuni su Napoli, dal modo di concepire la vita alla droga e al terrorismo, oltretutto temi sfruttati e grondanti da ogni parte tentativi moralisti di redenzione e cambiamenti, e senza un reale approfondimento dei problemi. Berardi gli propose di scrivere una storia personale per il cinema e così, Troisi aiutato da Lello Arena, Anna Pavignano e Gaetano Daniele inizia la lavorazione del suo fortunatissimo primo film, in cui vengono trattati gli argomenti che resteranno nelle future sceneggiature del regista: il rapporto di coppia, l'amore, la religione, l'amicizia.
Il linguaggio, una delle caratteristiche peculiari del cinema di Troisi, è usato in Ricomincio da tre con estrema forza: il dialetto napoletano, vera e propria "lingua", caratterizza un'appartenenza storico-geografica fondamentale per la poetica e l'espressività dei suoi film.
Mario Martone, giovane ed interessante regista napoletano, ha inserito Troisi nella schiera dei "Non allineati", nel senso di un personaggio che ha costruito un qualcosa a parte, una storia diversa dalle altre, una napoletanità allegra, profonda e mai volgare. E' strano pensare che proprio oggi che si assiste ad un risveglio del cinema napoletano, manchi Massimo Troisi, che è stato un ispiratore ed ha introdotto nell'immaginario nazionale uno sguardo obliquo su Napoli raffigurando, proprio in Ricomincio da tre, un napoletano che viaggia finalmente non per cercare un lavoro, ma per conoscere. In questo film l'autore ha saputo raccontare in chiave popolare, non una città "franfellicco" da leccare, digerire ed abbandonare, ma una condizione napoletana moderna, un po' dilaniata e straziante che chiunque sia sensibile e non necessariamente napoletano può portarsi dietro.
Massimo Troisi, sia come regista che come uomo, era un tipo piuttosto pigro ed, infatti, le critiche più feroci sono sempre state imputate alla sua pigrizia che lasciava nei suoi film tracce di incompiutezza. Lui rispondeva a queste critiche dicendo di non essere all'altezza di fare il regista. Invece, questo senso di non finito, non pieno, non allineato come dice Martone, era proprio uno dei punti chiave della sua arte.Queste sensazioni si concretizzano in Ricomincio da tre in un'espressione che procede per frammenti, per soprassalti improvvisi,che alterna pieni e vuoti. Nella narrazione del film il personaggio ora è acceso, ora è spento, stanco e depresso.
Cosa voleva esprimere Massimo Troisi e cosa iniziamo a capire da un film come Ricomincio da tre?
Innanzitutto, partendo già dal linguaggio, dal modo di esprimersi, di gesticolare e di mescolare vecchio, nuovo e superfluo, si nota l'intento di sgattaiolare dall'afasia post.eduardiana e post-sessantottina. Il critico cinematografico Valerio Caprara parla di Troisi in maniera molto lucida in un articolo intitolato "Le voci di dentro " per IL MATTINO, proprio a proposito di Ricomincio da tre: "Uscito nell' '81, ci sembroò allora e ci sembra oggi un film meteorite, venuto dallo spazio a sconvolgere il declinante trantran dell'italica commedia. Formidabile successo, ottenuto con un po' di presunzione autoristica e con il massimo d'istintiva eleganza e finezza culturale. Il ragazzo di San Giorgio a Cremano ha impiegato circa un anno a rifinire la struttura frammentaria del film, specchio mobile di tic, di gesti e di scatole cinesi verbali, fitta di annotazioni a margine e di imprevedibili punti di fuga". Ancora Caprara in un'altro articolo, sempre per IL MATTINO (7/3/1981): <<Lui ricomincia da tre. noi assegnamo un 8 pieno all'esordio del ventottenne ex leader della Smorfia, ultimo arrivato sul grande schermo della nuova generazione di eroi del cabaret. L'opera prima che il simpatico Troisi ha scritto, diretto ed interpretato è, infatti, morbida, lucida non coltiva presunzioni ideologiche e gioca le sue carte continuando con invidiabile coerenza satirica. L'originalità del protagonista personaggio che l'attore affida ad una cornice estremamente semplice è fuori discussione, e Dio sa se non se ne sentiva il bisogno in tempi di napoletanità in servizio permanente effettivo di retorica....>>. La critica continua ancora piuttosto lunga e ben azzeccata a questo film, e ce ne sarebbero anche altre, come quelle di Giovanni Grazzini (Il corriere della sera 17/3/81), Goffredo Fogli (Il manifesto 27/3/81), Stefano Masi (Cineforum n° 204-1981); tutte quante molto favorevoli ed a questo proposito, ricordiamo che di Ricomincio da tre addirittura Moravia ne parlò bene. Con questo primo film, quindi, Massimo Troisi fece centro in pieno.
La trama di Ricomincio da tre è la seguente: ci troviamo nell'entroterra napoletano. Gaetano (Massimo Troisi), un giovane e timido napoletano, appartenente ad una famiglia di stampo troppo tradizionale, decide di trasferirsi a Firenze, presso una zia, in cerca di nuove esperienze.
Stanco della vita che ha condotto nella città natale ha deciso di ricominciare da zero, anzi da tre, dal momento che un paio di cose che meritano di essere salvate le ha già fatte. Sull'autostrada ottiene un passaggio da un automobilista (Michele Mirabella) in preda ad istinti suicidi, che riesce però ad accompagnare in una casa di cura. Qui conosce Marta (Fiorenza Marchegiani), un medico emancipato e dai modi sbrigativi, che ritrova poi per caso nel capoluogo toscano e che comincia a frequentare. Alla fine, dopo aver fatto breccia nel cuore di Marta ed aver scoperto una sua relazione con un giovane adolescente, incapace di sopportare la sua gelosia, torna a Napoli. Ma li si rende conto che il passato non gli appartiene più e decide di tornare definitivamente da Marta, dalla quale accetterà anche un figlio di cui non è certo di essere il padre.
Il ricordo di Massimo Troisi attore e regista rimarrà per sempre legato a questo film.
In un'intervista fatta a Taormina nel 1981, dove ritirò il premio "David di Donatello" per Ricomincio da tre, gli chiesero: "C'è qualcuno che sostiene che Troisi quest'anno con questo film, in una marea di vecchiume, ha portato qualcosa di nuovo ed ha salvato il cinema: tu cosa ne pensi?"
La risposta, divertente come al solito, ma secca e decisa, fu: "Eh... mo tutte ne parlano... per uno che ha fatto un film buono, un film di successo e altre cose prima del film, 'mmo pare ca tutte quant' hanno scoperto Troisi, ch' foss' l'unico intelligent' in Italia... per cui mi iniziano a domanda'... Dio esiste?... C'è vita sulla Luna?... Che ne saccio... io aggio fatt' nu' film, 'mm propongo 'e fa' rirere, 'e fa' divertì... e bast' insomm'...".
Notiamo quanta semplicità, ma al tempo stesso quanta ironia trabocca da queste parole di Massimo Troisi.
Per analizzare il film, partiamo dal personaggio di Gaetano, che è veramente centrale. Questo protagonista esprime la condizione di un giovane degli anni '80 in una realtà particolare, quella della Napoli del dopo terremoto e in un momento storico in cui le donne rivendicano la propria affermazione sociale mettendo in crisi l'identità maschile. Al giovane Gaetano, che da Napoli arriva a Firenze in cerca di nuove esperienze, tutti si sentono in dovere di domandare se anche lui è un emigrante, in ossequio ad una tradizione socio culturale che vuole i giovani del sud perennemente in cerca di lavoro nelle città del nord Italia.
A questa domanda Gaetano replica che anche un Napoletano può viaggiare per vedere, per conoscere, semplicemente anche soltanto per entrare in contatto con una realtà diversa. Basta con lo stereotipo d'origine e con le valigie di cartone: le partenze non evocano solo nostalgie e rimpianti ma anche desiderio di avventura e di esperienza.
Ricomincio da tre, oltre a segnare una tappa fondamentale nella carriera di Massimo Troisi, è diventato una pietra miliare nella storia della comicità napoletana; la vecchia figura del napoletano erede della commedia dell'arte, lascia il posto ad un nuovo comico ironico, tormentato, e vittima della nevrosi tipica della vita cittadina.
Quindi, Gaetano, non rappresenta una realtà esclusivamente napoletana, ma esprime la condizione di tutta una generazione: la gioventù anni '80, il cui problema principale è lo sconvolgimento antropologico dovuto alla presa di coscienza delle donne ed al conseguente cambiamento del rapporto tra i sessi.
In Ricomincio da tre sono veramente enormi le potenzialità del linguaggio, verbale e non, usato da Troisi, che gli consentono di incentrare l'intera struttura del film sul personaggio principale. Questo film più che un racconto lineare è un condensato di situazioni, non è una storia strutturata nel senso classico, ma un'aggregazione di spunti felici di chiara derivazione teatrale.
In questo film non manca un pizzico di stereotipità: del resto è facile che un napoletano che qui come Gaetano sia fuori dalla sua terra perda freschezza e ripieghi sugli stereotipi utilizzandoli come l'unica ancora di salvezza per non lasciar sfuggire Napoli dalla sua memoria. E non è esente nemmeno un po' di "napoletanismo", per una convinzione atavica di una Napoli che pensa che la catastrofe sia la normalità e che per qualsiasi cosa bisogna ringraziare, e soprattutto, "ingraziarsi" qualcuno, che sia San Gennaro o l' Onorevole di turno, non fa differenza. Gaetano si ribella al sempre uguale e sempre più negativo scorrere della vita, c'è molta ribellione verso rassegnazione del napoletano, ma questa ribellione è viziata da un solo grosso difetto: l'incapacità del napoletano di cambiare e di abbandonare i propri modelli. Chissà se i napoletani sono così come Gaetano? Quello che è certo è che Massimo Troisi autore, sceneggiatore e regista ha riversato in questo film un pizzico di introspezione: c'è sicuramente molto di proiettivo di se e della sua vita in tutto ciò che ha scritto e rappresentato. Ricomincio da tre non piacque subito alla critica. Venne notato ed apprezzato dopo lo straordinario successo di pubblico. Ma un successo non nasce per caso... Troisi con il suo cinema e soprattutto con questo primo film, ha fatto una bellissima operazione di "ripulitura" della "commediaccia" anni '70 con in più uno sguardo molto attento alla società italiana post '68, alle nuove ideologie, al femminismo, all'autoironia crescente ed all'affermazione della soggettività individualista.
L'intento di Troisi è soprattutto quello di stravolgere i luoghi comuni: nuove figure di donne e di napoletani. I ruoli sono rovesciati del tutto, con le nuove convenzioni è lei che conduce il gioco e lui non sa mai come adeguarsi.
I personaggi dei film di Troisi sono spesso inseriti in contesti "leggeri", un po' alla Truffaut, ma sono gravati di carichi pesanti di relazioni interpersonali profonde.
Massimo Troisi impiegò più di un anno ad elaborare una sceneggiatura che convincesse Mauro Berardi a produrre il suo primo film ed arrivò al primo "giro di manovella" con una troupe accurata, capace di fronteggiare le inesperienze del neo regista. Un grosso aiuto Troisi lo ricevette, tra gli altri, da Umberto Angelucci, già in passato assistente di PierPaolo Pasolini. Il cinema di Troisi, in questo film più ancora che in altri, è povero di riferimenti classici, ed non è nemmeno l'erede della rassicurante commedia all'italiana.
In Ricomincio da tre, notiamo, più che nei seguenti film, la scarsa padronanza di Massimo Troisi del mezzo cinematografico: la m.d.p. segue i personaggi quasi con casualità e Troisi annaspa in una regia ancora acerba nell'orchestrare le tappe del percorso narrativo. Forse per Troisi, più dell'angolo di ripresa, del movimento di camera, dell'inquadratura e del formalismo delle scene, insomma del "come" dire le cose, è importante il "cosa" dire.
La critica, pur apprezzando il contenuto del film e del suo messaggio, ha comunque criticato questo film dal punto di vista tecnico. Certo è che, come dicevamo, l'insufficienza registica, la povertà della messa in scena, ma soprattutto la fissità della m.d.p. sono piuttosto evidenti nell'opera prima di Troisi, nonostante i camuffamenti con la comicità portante del film.
Comunque Troisi stesso ha sempre detto: "Il cinema non è la cosa più importante della mia vita... sono un pigro... di una pigrizia estrema... stong' semp' là ittato 'a casa", nonostante gli abbiano imputato dopo la sua morte, e dopo le ultime riprese del Postino, esattamente il contrario.
Massimo Troisi è un autore importantissimo del panorama cinematografico degli anni '80 ed è stato uno dei pochi che, come Nanni Moretti, ha avuto veramente qualcosa da dire in questo decennio.
Riallacciandoci al discorso di prima spezziamo una lancia in favore di Troisi regista: la m.d.p. è davvero sempre ferma, ma l'inquadratura, altrettanto ferma, è importante non soltanto per quello che si vede nel quadro, ma anche per quello che non si vede, che è "OFF", che è lasciato all'immaginazione. Poi Troisi-regista, per questo film, ha scelto con cura il décor, le scene, gli interni, i raccordi, la scelta dei piani, le entrate e le uscite. Massimo è un attore ed un regista nuovo, lontano dai vecchi cliché che sanno troppo di pizza, di mandolino, di sole e di cartolina con veduta del Vesuvio. Tutte queste sono cose bellissime, senz'altro, ma è ora di smetterla di usarle per compiangerci e per cucirci addosso un vestito che sa di stantio.
Tutto questo Troisi l'ha capito e l'ha messo in pratica con Ricomincio da tre.
La struttura del discorso di questo testo filmico è molto frammentaria ed altalenante,riflette i tentennamenti del protagonista e la sua prosa logorroica, punteggiata da continue disgressioni e pause di riflessione. La narrazione del film segue un fraseggio che procede a singulti alternando lunghissimi piani sequenza in cui la m.d.p. segue diligentemente gli attori a brevi intermezzi che spezzano abbastanza bruscamente il ritmo, già spezzettato, dell'azione.
La recitazione di Gaetano-Troisi si ingorga in estenuanti monologhi in cui il discorso principale si interrompe di continuo per lasciar spazio ad imprevisti punti di fuga ed a cambiamenti repentini.
Nonostante i diversi difetti tecnici del film, Ricomincio da tre rimane un film vincente,soprattutto per quella sua semplicità intrinseca, quell'immediatezza all'approccio cinematografico, quella dirompente carica comica.
Cosa ha detto di se stesso Troisi regista di questo film?
Sentiamo. <<...sono completamente cosciente dei miei limiti, prima di fare Ricomincio da tre non avevo mai fatto nemmeno le fotografie...>>.
E a proposito dei Nuovi comici: <<...non credo che nessuno di noi un autore, stiamo facendo ancora un po' di scuola, di apprendistato...non ci siamo però adattati ad un tipo di cinema ormai vecchio e stanco...perciò abbiamo deciso di fare i registi, per un fatto difensivo...cioè io voglio fare un film dove ci saranno sicuramente problemi tecnici o un racconto cinematografico non ortodosso, pur di salvare almeno lo spirito di quello che io voglio raccontare...non ditemi che dopo i primi film sono maturato... non si matura perché si fa cinema, è una stronzata...solo si impara a conoscere quel percorso...>>.
In Ricomincio da tre riveste molta importanza l'uso del non detto, del "sottaciuto": c'è, infatti, un nuovo modo di esprimersi in rapporto al nuovo modo di sentirsi e di essere.
La gestualità del viso e del corpo è vista come espressione anche concettuale, "significazione altra", diversa ed a tratti rafforzativa di quella verbale. La voce più importante in certe scene diventa la voce del pensiero. L'esempio più significativo lo abbiamo nella parte finale del film, quando Gaetano, dopo aver saputo degli altri rapporti di Marta durante la loro relazione, si chiude in bagno ed inizia a colloquiare con se stesso riflesso nelle specchio, in un'alternanza di inquadrature in primo piano.
Un'altra caratteristica importante che salta fuori da tutti i film di Massimo Troisi, è quel senso di "familiarità", che rende la sua opera uno speciale approdo nei momenti di tristezza ed un antidoto contro le delusioni, i sensi di vuoto e la solitudine del quotidiano.
Il Gaetano del film è calato nella realtà partenopea ben più degli altri personaggi troisiani, visto che, tranne forse il Vincenzo di "Scusate il ritardo" ed il Tommaso di "Pensavo fosse amore invece era un calesse", tutti gli altri personaggi sono napoletani che vivono in altri posti ed a contatto con altre società, come il Werner di "Hotel Colonial" o il Camillo di "Le Vie del Signore sono finite".
I film di Massimo Troisi sono come schegge luminose che si muovono in ambientazioni sempre diverse, ma con dei comuni denominatori costanti. La vera napoletanità non è mai esente da nessuno di questi film, ma aleggia in maniera nuova, priva di retaggi pseudo-folkloristici; è un qualcosa che va sempre coltivato, con discrezione e cura, cercando di eliminare le parti superflue e ridondanti, frutto di un eccesso di gusto barocco, per arrivare all'essenzialità di sentimenti e pensieri. Pino Daniele, nel suo libro "Storie e poesie di un mascalzone latino", ha definito il cinema come l'arte della luce e penso sia interessante applicare questa definizione al cinema troisiano, molto luminoso e trasparente.
Ritornando all'analisi tecnica del film, passiamo al montaggio. Per Troisi fare il montaggio era come "...pulire il pesce, cioè una cosa che uno si scoccia di fare". Cosi' disse, infatti, in un'intervista, lui che amava scherzare. Spesso esagerava nelle dichiarazioni, come in questo caso, perché Troisi, anzi, assisteva e collaborava con i montatori alla moviola in modo molto attento e preciso. In Ricomincio da tre il tipo di montaggio, di inquadrature e di altre tecniche è molto più influenzato dal teatro che non dal cinema, risentendo troppo dei retaggi teatrali di Troisi; sembra quasi un teatro in trasposizione cinematografica. Sarà, infatti, solo negli ultimissimi film che inizierà a vedersi un cambiamento nell'uso di certe tecniche.
In questo film il montaggio è ben poco articolato anche se abbastanza lineare. Ancora Troisi: <<...abbiamo dovuto lavorare poco per il montaggio, perché il materiale del film era già quasi tutto montato..>>
Il film possiede un discreto ritmo narrativo, la storia è un susseguirsi ed evolversi di situazioni; è veramente un peccato non poter dire la stessa cosa delle inquadrature sempre molto fisse e dei m.d.m., che hanno ben poco ritmo.
Ricomincio da tre è un film che, sin dalle prime battute chiarisce lo spirito di continuare ed evolvere al tempo stesso il teatro di Eduardo.
La fotografia, arte da cui deriva il cinema che è essenzialmente fotografia in movimento, è sempre piuttosto luminosa, conferisce uno stile naturale a questo film, senza dare idea di artificiosità o rarefazione. Anche le fotografie sono delle piccole storie, dei flash il cui spessore può essere anche più grande del film stesso,quindi l'importanza della fotografia nella realizzazione di un film è enorme.
L'illuminazione, rafforzando il lavoro della fotografia, contribuisce alla luminosità del film: crea giochi di luce, situazioni buie o solari che passano da funzioni semplici a creative, virtuosismi tecnici che danno luogo ad un senso, ad un'operazione significativa.
Troisi come attore è, forse, l'unico vero erede di Eduardo per certi versi (la gestualità ed il linguaggio ) e di Totò per certi altri (la mimica e la comicità ). Il suo tipo di recitazione è molto spontaneo, un po' copiato dall'uomo qualunque, quello che incontri tutti i giorni per le strade di Napoli. Il linguaggio usato è, infatti, esattamente quello di noi napoletani, su cui, naturalmente, Massimo lavora, esalta, enfatizza, impasta. Le pause, i ritmi spezzati, le frasi monche e strascicate, le parole prive delle finali, sono tutti elementi tipici del dialetto napoletano.
Il film inizia con una scena girata a a Villa Vannucchi, un fatiscente scenario, in cui una villa settecentesca abbandonata scelta come set introduttivo ci fa capire quanto importante sia per Troisi la scelta di luoghi semplici o addirittura poveri e scarni per poter ben ambientare il suo cosa, come e dove dire.In questo caso la scelta di Villa Vannucchi è particolarmente importante, in quanto Troisi, probabilmente, voleva presentare la decadenza della Napoli post terremoto anni '80, con edifici ancora in piedi perché sorretti da squallide impalcature e che chissà se mai saranno rimessi a posto.
Gli attori di Ricomincio da tre hanno un tipo di recitazione piuttosto teatrale e tra loro primeggia, naturalmente, Troisi che, con una grossa mimica gestuale e verbale e con un linguaggio estremamente onomatopeico, si trova, nella prima scena del film, nel cortile della villa, raccontando agli amici di come sia difficile "andare in guerra mentre si dorme".
Mentre Massimo è lì che spiega, tutto è incentrato su di lui e sulla sua figura: il quadro è oscurato, squarciato dalla sola luce del suo corpo contrapposto ad una normale visione d'ambiente di quando vengono, invece, inquadrati gli altri attori.
Il personaggio di "Rafe' " invece, rimane attaccato molto di più agli stereotipi ed ai luoghi comuni: è il napoletano che tocca tutto, che si fa sempre riconoscere, che assume un ruolo vampiresco verso l'amico che tanto ammira e che vorrebbe, senza riuscirci, emulare.
Anche in questo film uno dei più tipici temi troisiani, quello della malattia connesso a quello della religione, è ben presente. Il padre di Gaetano, infatti, non ha una mano e si prodiga in preghiere e richieste alla Madonna sperando che il miracolo prima o poi avvenga.
L'illuminazione di questo film è discreta e rassicurante;i m.d.m. non sono molti, vista la regia di chiaro stampo teatrale e la m.d.p. mantiene un punto di vista sempre piuttosto fisso. Nella prima scena del film, quando gli attori iniziano ad allontanarsi, nelle inquadrature si passa dal P.P al P.A. e si arriva alla F.I.; sono loro, infatti, che si allontanano, la macchina è lì ferma che non accenna minimamente a seguirli. Viceversa la m.d.p. gioca moltissimo sui primi piani di Troisi, si diverte ad indagare i suoi stati d'animo attraverso le sue espressioni, ed è un'auto-introspezione, visto che Troisi è il regista di sé stesso.
Un elemento caratteristico dei film di Massimo Troisi sono le musiche, quasi sempre di Pino Daniele. Anche in Ricomincio da tre la musica assume un ruolo predominante, si riconosce subito la chitarra di Pino che più che suonare sottolinea ed ammicca.
Nonostante il senso del pensiero troisiano sia quello di capovolgere tutti i vecchi cliché, la famiglia per Massimo Troisi conserva sempre un fascino particolare ed un posto di rilievo nei suoi film. Anche per lui, come per ogni meridionale che si rispetti la famiglia rimane sempre un rifugio in cui rintanarsi in alcuni momenti, salvo scapparne delusi in altri.
In Ricomincio da tre la famiglia presentata da Massimo Troisi è molto simile a quella di Scusate il ritardo, forse solo un po' meno presente ed impicciona. La struttura è questa: una madre, un fratello maggiore, una sorella ed un padre, talvolta sostituito da Lello Arena, l'amico di famiglia invadente ed insopportabile.
Le scene degli interni girate con la famiglia sono piuttosto disadorne, cosa che invece non c'è nelle scene girate a casa di Marta, dove i colori del mobilio, l'ambientazione ed i toni dell'intero quadro sono diversi.
Le inquadrature sono fatte quasi sempre in prospetto, ma spesso anche dall'alto, per esempio quando Gaetano dovrebbe andare a fare una gita con il suo amico ed ospite Franky in un'abbazia. Ci sono in questa parte più centrale del film moltissimi primi piani, parecchi piani americani e diverse figure intere. C'è una carrellata rotatoria fatta molto bene quando i nostri si trovano in camera di Franky: é molto morbida e descrittiva dell'ambiente circostante.
Il linguaggio di Gaetano nel film è fantasioso, scanzonato quasi al punto di diventare irriverente. Gaetano è capace di fare una disquisizione ed un giro di parole parabolico anche su un argomento semplicissimo. In Ricomincio da tre è rimasta mitica la sequenza in cui fa una serie di battute su San Francesco: <<...ma San Francesco nun teneva nient' cche' ffa'.......steve semp a' parla' cu gli uccelli........steve continuamente indt' 'e recchie 'e sti' pover' bestie.......che scappavan quando 'o verevano......secondo me, è colpa 'e San Francesco, si è venuta 'a migrazione 'e gli uccelli....>>.
Piuttosto irriverente, quindi, Massimo Troisi, religioso ma ironico nei confronti della religione stessa. n effetti, pero', il bersaglio che Troisi vuole colpire non è la religione, ma ancora una volta il napoletano che, accecato dal fanatismo religioso, crede ancora che con una candela accesa ad un santo si possa ottenere qualcosa. L'ironia religiosa è molto presente nei film di Troisi, in questo c'è anche la battuta fatta su Giuda, per esempio, ed in Scusate il ritardo c'è qualcosa di simile a proposito della Madonna che piange: "...cioè .... se rideva venivo..." dice Vincenzo al prete che lo invita ad assistere al miracolo. Il dialetto di Troisi-Gaetano è molto colorito e caratteristico per i toni, i modi di dire, la spiccata personalità e l'inconfondibile tremolio della voce.
Ricomincio da tre è girato interamente in dialetto ed è anche questa una delle cose che lo rende più divertente.
Le inquadrature di dettagli in primissimo piano, indispensabili per rafforzare un concetto raccontato, sono molte: un telefono che squilla, un giradischi che suona, un cartello che dice: "centro di igiene mentale", dove l'ignaro Gaetano conduce lo schizoide automobilista (Michele Mirabella) da cui ha ricevuto un passaggio.
La gestualità più espressiva e simpatica la ritroviamo nella scena dello spogliarello di Gaetano prima di mettersi a letto con Marta, dove lo vediamo annusare l'aria della stanza per vedere se le scarpe appena tolte non lasciassero un non troppo profumato ricordo. Un particolare: alla fine di questa sequenza c'è un sorrisetto di compiacimento di Gaetano-Troisi che ci ricorda molto da vicino l'espressione di Totò.
Il napoletano, in questo primo film di Troisi, è molto parodizzato: c'è Lello che tocca tutto in casa di Marta, e Gaetano lo rimprovera: <<...Rafe'...nun tucca', è robb' 'e chell'...ci'avimm semp fa' cunoscere...>>.
Gli esterni del film sono in minoranza rispetto agli interni, che sono quasi tutti ambientati in casa di Marta. Ed è proprio in casa di Marta, nel bagno per la precisione, che avviene il dialogo di Gaetano con se' stesso allo specchio: ecco, quindi, l'introspezione di cui abbiamo già parlato.
Un ultimo appunto su questo film va fatto sul concetto di morte, che viene spiegato da Don Ciro a Gaetano sul terrazzo del ristorante dove stanno festeggiando il matrimonio della sorella ( Cloris Brosca). Il prete dice: <<la morte deve essere accettata da ogni buon cristiano come dono divino....>>. Forse Troisi ne aveva paura per la sua grave malattia al cuore e per questo la esorcizzava nei suoi film.
In questo film Troisi ha sentito veramente l'esigenza di raccontare qualcosa di se' e della propria vita, a partire dal personaggio di Rafe', ispirato alla vera indole dei napoletani (e,come dice Lello Arena, forse proprio a me....) fino ad un tipo diverso di napoletano che corrispondeva ad un suo bisogno di quel momento Massimo Troisi é stato più di un napoletano; era un mediterraneo, nel senso ampio del termine, un po' superficiale all'apparenza ma in realtà con delle vedute molto ampie e delle radici molto profonde, le stesse di Eduardo e di Totò, visto che erano nati sullo stesso terreno.
In conclusione, in Ricomincio da tre Troisi ha mutuato la comicità dei grandi del passato, arricchendola di elementi innovativi e di regole più facilmente scomponibili e classificabili nel nostro tempo.
Benigni ha detto di lui una cosa molto bella: <<...io Troisi l'avrei mangiato....perché quando si ama qualcosa o qualcuno lo si vuole mangiare per inglobarlo e possederlo completamente...era insostituibile>>


Claudia Verardi
....Napoletanita'