Il viaggio di Capitan Fracassa
(1990)


Il viaggio di Capitan Fracassa, liberamente tratto dall'omonima opera del 1863 di Théophile Gautier, è il terzo ed ultimo film interpretato da Massimo Troisi sotto la direzione di Ettore Scola.
Il film narra la storia del barone di Sigognac (Vincent Perez), che si unisce ad una compagnia di guitti, diventa Capitan Fracassa e condivide con loro il viaggio per arrivare a Parigi alla corte del re.
In questa compagnia Troisi veste i panni di Pulcinella, uno dei personaggi principali che viene da lui originalmente interpretato.
Questo film è giocato molto sul collegamento tra cinema e teatro, con la rappresentazione teatrale rispecchiata sul grande schermo. In Massimo Troisi la formazione ed il retaggio teatrale è radicato, forte ed evidente, specie in questo film.
Pulcinella ribadisce ai suoi compagni di viaggio di essere una figura comunque estranea e complementare alla loro pienezza. Pulcinella gioca molto, come personaggio, con la sua estraneità sul set e sulla sua funzione quasi di esterno, di voce "OFF" che tiene i fili della narrazione.
Un elemento che ritorna in questo film è il concetto di "emigrante": Pulcinella, infatti, si trova in Francia e non a Napoli ed è, perciò, anche in questo film un "corpo" lontano dalla sua terra.
<<Sono partito dall'Italia come emigrante...>>, dirà al giovane barone di Sigognac in una delle più belle sequenze del film.
Il viaggio di... é il secondo film in costume per Massimo Troisi, dopo l'esperienza di Non ci resta che piangere e l'ambientazione generale dei due film è molto comune, salvo, forse, una maggiore leggerezza e spensieratezza nel film in coppia con Roberto Benigni.
Troisi è capace di incarnare ogni tipo di personaggio, che è come se fosse sempre lo stesso ed inserirlo nel '600 così come ai giorni nostri. Il set di Troisi è un set unico, con fondali intercambiabili e con l'innata teatralità trasportata al cinema.
La prima scena del "Capitan Fracassa" è un campo lungo, con Pulcinella in uno spiazzo che va verso una fontana per riempire un secchio d'acqua. E' vestito di pesanti stracci per proteggersi dal freddo e quest'immagine ci rimanda ad un'idea di povertà. Abbiamo la visione di un povero Pulcinella tenero immerso in una desolazione pesante, insopportabile ed in un posto dove circolano malattie e fame.
Sono immagini forti, con Troisi nascosto solo fisicamente in quei panni ingombranti in ogni senso, ma fluttuante in una dimensione atemporale.
Dice Troisi: <<......mi sono divertito a fare Pulcinella nel Capitan Fracassa, anche perché io quando scrivevo le farse su Pasqualino (personaggio rifacentesi a Pulcinella, ma inventato) era anche per non affrontare Pulcinella, questa maschera così difficile e complicata. Invece la figura raccontata da Scola di Pulcinella uomo, mi piaceva.........>>
Il viaggio di Capitan Fracassa è un esempio di teatro nel cinema, di stretto collegamento tra le due arti, quella antichissima e quella moderna, che, a dispetto di tutto, sembrano legare benissimo.
Nel film la maschera, il volto di Troisi è in bilico tra il comico più nuovo ed il classico, diventando un personaggio riuscitissimo.
Il viaggio avventuroso raccontato da Scola sembra quasi una favola che si snoda tra sentimenti, pessimismo ed amore. In questa commedia ci sono tutti i tratti più classici di uno dei più grandi protagonisti della comicità italiana, che confluiscono in quelli paradossali e grotteschi di una tra le maschere più affascinanti del teatro e del romanzo europeo.
Il film è tenero e spettacolare, ed è illuminato da lampi di irresistibile satira e tracce di commedia, molto allusiva anche al presente.
L'ambientazione del film è medievale ed il film si apre, come abbiamo detto, su Pulcinella, fermo nella radura di un bosco con i carrozzoni e la sua compagnia di attori itineranti. In una ambientazione surreale,con colori tenui quasi da fiaba, Pulcinella parla della storia sua e di Capitan Fracassa con un ufficiale sanitario. Soprattutto parla di Fracassa e di come lo conobbe, imbevendo il discorso del suo solito tipo di recitazione un po' ripetitiva e costellata di frase monche.
Le inquadrature successive mostrano l'evolversi della storia fino a che i nostri attori entrano nel castello dove incontrano il barone di Sigognac, che poi diventerà Capitan Fracassa, ed il suo servo (Ciccio Ingrassia).
Il castello è molto fatiscente, tira aria di povertà, miseria e ...pidocchi (il giovane barone per questo motivo ha addirittura i capelli rasati). Il servo suggerisce ai guitti di portare con loro a Parigi il barone, visto che il padre aveva salvato la vita al Re di Francia. Il servo insiste molto sulla forza della spada della casata e, data l'ambientazione medievale, non è difficile vedere una simpatica similitudine con il personaggio leggendario di re Artù.
I guitti acconsentono a portarlo con loro, ed è proprio Pulcinella che dice: <<...si, portiamolo con noi, così quando incontrerà il re , ci farà senz'altro recitare al teatro di corte....>>. Ecco l'opportunismo puro che avanza, ma solo all'inizio, in fondo poi Pulcinella è un personaggio anche molto sensibile.
Il servo chiede a Pulcinella di poter sempre vegliare sul barone ed, addirittura glielo vende.
Il quadro per tutta la durata dl film è quasi sempre immerso nella nebbia.
Ci sono molti campi lunghi e lunghissimi, diverse carrellate e parecchi m.d.m; anche il cinema di Ettore Scola, in fondo, è un po' statico.
Per quanto riguarda l'uso della prospettiva, l'immagine del film crea una bella illusione di profondità, probabilmente si è ricorso a tecniche extra cinematografiche ed a procedimenti ottici, sfruttando anche le regole base del disegno , cioè la costruzione del quadro a partire da linee o superfici convergenti, aprendo zone luminose sullo sfondo di scene immerse nel buio.
C'è ricerca di combinazione e di contrasti tra colori e toni caldi e freddi, che rispettivamente suggeriscono prossimità e distanza: tutto ciò è presente anche nella pittura.
C'è anche una buona profondità di campo, a cui corrisponde naturalmente una minore apertura del diaframma, che mette a fuoco molto bene tutti i piani e gli oggetti ripresi nel quadro.
La musica che accompagna e sottolinea il film è mollto medievaleggiante, ci sono pochi primissimi piani, forse solo qualcuno in più per Pulcinella, che poi è il narratore della storia.
Pulcinella in questo film è visto davvero in tantissimi modi: come artista in scena con la sua compagnia, come araldo per le vie dei paesi dove si ferma a presentare il suo spettacolo ma soprattutto come uomo, preda dei suoi pensieri e dei suoi problemi.
La fisionomia di Pulcinella ed il suo costume sono stati studiato a lungo da Scola e dai suoi collaboratori, che hanno scelto di presentarlo nelle sue vesti piu' arcaiche ed affascinanti. Dal punto di vista iconografico, Pulcinella nel tempo ha subito delle piccole modifiche, nell'abbigliamento e nel costume e qui è rappresentato in una delle sue vesti più antiche: con il cappello lungo ed il bastone, tra l'altro chiari simboli fallici, caratteristici della sua maschera, che ci riconducono alle primordiali figure di satiro ed addirittura di diavolo.
Il viaggio di... contiene tanti messaggi profondi e tanti spunti di riflessione. C'è un pezzo in cui Serafina (Ornella Muti) dice con profonda amarezza che le attrici vanno bene per una notte, ma non per la vita.
Questo concetto si rifà a quello di attore "maledetto" da sempre espresso in tutte le epoche storiche.
I codici sonori del film sembrano quasi extra diegetici, ma enfatizzano molto la narrazione: l'ambientazione, cupa e medievaleggiante è rafforzata dagli echi lontani degli ululati dei lupi e dal gracchiare delle cornacchie.
Pulcinella a volte si comporta in modo strano: dice che la neve è brutta, che vorrebbe tornare a Napoli (ancora il ritorno alle origini...) e che il teatro da' gioia a tutti tranne a chi lo fà; c'è un alone di tristezza e malinconia che aleggia sul film.
Il barone di Sigognac, che intanto prende parte alle rappresentazioni, da un errore di comprensione da parte del suggeritore che dice: <<Non fate fracasso>>, capisce <<il mio nome è Capitan Fracassa >> e da qui in poi questo sarà il suo nome.
Pulcinella continua con le sue stranezze ed a chi gli chiede se è mai stato innamorato, risponde: <<...non sono mai stato innamorato di nessuno, tranne della pizza di pane coi fichi dentro...>>.
Ancora un appunto sul linguaggio usato: c'è un elemento disturbatore ma simpatico che è dato dal linguaggio de "l'Emplacable" (Claudio Amendola), un bandito buono, che si esprime con un misto di spagnolo e ciociaro.
Il viaggio di Capitan Fracassa racconta, quindi, il viaggio del barone, da quando i guitti lo incontrano nel maniero fino a quando diventa l'elemento piu' importante della compagnia. Tra scenari di cartapesta ed amori appassionati, il film è quasi un road movie che fa del teatro la metafora del mondo in maniera picaresca e divertente. Dal libro di Théophile Gautier, Scola, Scarpelli e Tovoli ricostruiscono il seicento a Cinecittà con colori ed ombre da "tableaux vivents", puntando su una atmosfera favolistica ed una cornice d'intorno molto vivida.
Le pagine del film sono percorse veramente da tutto: recita, metafora, avventura ed illusione. Il personaggio di Pulcinella, tra l'altro "io narrante", è uno dei più scolpiti e compiuti e l'opera rimane molto convincente, enigma in bilico tra realtà e finzione scenica.
Per finire, ricordiamo che nella mostra del cinema di Cinecittà, tenuta nei week-end di settembre '96, tra le presentazioni dei vari set cinematografici, in una fittissima nebbia, era possibile ammirare anche proprio quella de "Il viaggio di Capitan Fracassa".


Claudia Verardi
....Napoletanita'