Che ora è
(1989)


In questo film, con cui Massimo Troisi ex-aequo con Marcello Mastroianni ha vinto la Coppa Volpi al Festival di Venezia del 1989, il tema affrontato è quello del conflitto generazionale tra padre e figlio.
Il film è il resoconto di una giornata particolare di un padre sempre assente che vuol recuperare il rapporto, quasi agli sgoccioli con il figlio, che svolge il servizio militare a Civitavecchia.
Le lancette dell'orologio, segnando un'ora che in realtà non esiste, scandiscono l'incontro tra i due.
Che ora è appartiene sicuramente ad un buon cinema d'autore ed è un film in cui, oltre all'incommensurabile Mastroianni, spicca la figura di Massimo Troisi, che tra i comici della penultima generazione, è certamente quello più vicino all'umorismo agrodolce di Ettore Scola.
Partendo dall'analisi di un elemento secondario, la scelta delle tonalità e dei colori, che sono un po' sull'ocra e sul mattone, quasi orientati su un viraggio seppia, intravediamo quanto questo film sia intimista e profondo e come nulla, nemmeno la scelta di un colore, di un tipo di inquadratura o di illuminazione, sia lasciato al caso da Scola e dal suo cast.
I temi già ricorrenti, come quello della cultura e della malattia, ritornano anche in che ora è. Ma il vero punto cardine del film è costituito dal padre che cerca di riconquistare il figlio col sistema piu' antico e triste del mondo: i soldi, che però il figlio rifiuta.
Il tipo di recitazione di Troisi in questo film è molto semplice, è forse quasi il film in cui più di tutti Troisi sembra vero e spontaneo, come se stesse rappresentando un fatto veramente già accaduto nella sua vita.
Anche Mastroianni, nella parte di un avvocato sessantenne, è ancora molto convincente, soprattutto nella forza delle interpretazioni e della capacita' recitativa.
In Che ora è, è molto impotrante, oltre alla verbalità ed ai silenzi, la gestualità ed il rapporta parola-gesto.
Il corpo di Troisi è impacciato come al solito, ma e' anche insofferente. Ci sono grandi difficolta' comunicative, ed improvvisi scatti, riportati in superficie dentro parcellizzazioni dell'inquadratura. Il dialogo tra i due attori è straniante, cerca di dare un senso alle troppe parole ormai vuote e devitalizzate nella loro funzione primaria.
Ci sono diversi piani sequenza, in cui Troisi, con il suo linguaggio frammentario, pieno di pause, balbuzie, respiri e vuoti, cerca di riportare il discorso troppo "standardizzato" del padre ad un livello nuovo.
Nel cinema troisiano, l'importante è isolare frammenti da ricomporre in una sorta di gioco/lavoro in cui la memoria diventa fondamentale per raccordare momenti apparentementi distanti. La maschera di Troisi è capace di allacciare o di tagliare nuove distanze ed è portatrice di un potenziale quasi sovversivo, che agisce, però, all'interno di un immaginario stratificato. La parola di Troisi non è soft, ma è estremista, è una parola che si intromette tra tutto e tutti. Non più l'artificio del set, ma una visione con una valenza inaspettatamente "semplice", che documenta dei fatti della vita di ogni giorno.
Dei film girati con Ettore Scola, Troisi amava Che ora è piu' di tutti, perche' diceva ...<<è un film piccolo nel senso buono, dove potevamo stare sempre insieme.....anche se c'era ancora da arricchire, mettere e tagliare qua e là....>>.
Tutte le inquadrature del film sono piuttosto controllate e determinate e sono state eseguite in parte col cavalletto (cioè la macchina fissa) ed in parte con il carrello che può effettuare riprese in movimento nei vari sensi.
I m.d.m. del film non sono molto complessi, ma questa del resto è na caratteristica del cinema italiano. Il montaggio è stato molto accurato; oltre all'ordine solito, si è cercato di seguire un ordine creativo, di senso, che abbia un filo conduttore ed un andamento narrativo preciso ed ordinato.
Il senso dell'autobiografico ritorna in questo film: Massimo era davvero figlio di un ferroviere ed infatti eccolo incarnare il nipote di un ferroviere.
In Che ora è ritorna anche quell'ironia leggera di Massimo Troisi, che usciva spesso fuori anche dalle sue interviste. C'è tutta una filosofia problematica e pragmatica nel suo modo di essere prima uomo e poi attore: in effetti Troisi non era solo un comico, ma una persona con un grosso potenziale comunicativo, capace di raccontare cose anche tristi in maniera divertente .
Massimo Troisi, essendo molto pigro come tipo, per la recitazione si affidava troppo al suo innato talento e si lasciava scivolare addossa la sua spontaneità.
Con che ora è saltiamo al di là dello specchio, riusciamo a capire fino in fondo l'ambivalenza del rapporto vissuto dai due protagonisti. L'immaginazione ci porta ad una percezione quasi surrealista degli aspetti nascosti.
Che ora è un film fondamentale tra quelli interpretati da Troisi, un po' per la sua diversità ed un po' perché gli ha dato modo di confrontarsi con personaggi veramente grandi del nostro cinema d'autore come Ettore Scola e Marcello Mastroianni.


Claudia Verardi
....Napoletanita'