Questo film rappresenta sicuramente un'ottima prova, sia come attore
che come regista, per Massimo Troisi. E' un film dove c'è veramente
di tutto: sentimento, amore, amicizie, malattie, storia, politica, viaggi.
realizzato tra Roma, Foggia (Lucera per la precisione) e Parigi, "Le
vie del Signore sono finite" è ambientato durante l'epoca fascista
in Italia. Troisi interpreta un barbiere, Camillo, che vive ad Aquasalubre
ed è affetto da una paralisi di origine psicosomatica, causata dalla
rottura del fidanzamento con Vittoria (Jo Champa). Durante un viaggio a
Lourdes conosce Orlando (M. Bonetti), che, anche lui paralitico, diventerà
suo amico. Camillo riprende a camminare quando apprende che Vittoria ha
interrotto la relazione con il nuovo fidanzato. Vittoria torna a Parigi
e Camillo rientrerà nella sua depressione.
Uscito dal carcere, avendo scoperto che il fratello Leone gli nascondeva
le lettere dell'amata, decide di andare a Parigi per ricongiungersi con
lei.
Questo film segna un passaggio molto importante nell'evoluzione artistica
di Massimo Troisi.
La qualità più evidente è nella regia, che sicuramente
è migliorata, con soluzioni tecniche più raffinate e con
un ritmo molto meno frammentario. C'è anche una buona utilizzazione
della m.d.p., con più m.d.m. e meno staticità e uso del fermo
immagine rispetto alla produzione precedente.
Nella storia ritornano i due motivi fondamentali di tutto quanto il
cinema troisiano: le malattie, e il rapporto uomo donna, l'amore.
La malattia ha qui un rapporto molto forte con la psicoanalisi, e forse
c'è lo zampino di A. Pavignano, studentessa di psicologia.
La cosa più interessante è la capacità di rappresentazione
di Troisi di personaggi maschili lontani dagli stereotipi dominanti nell'epoca
in cui il film è ambientato. Il personaggio di Camillo è
molto diverso dagli altri, anche un po' particolare: bugiardo, poco coraggioso,
molto lontano dal trionfo della virilità esaltato dal fascismo.
Camillo è un uomo fuori dal suo tempo, delicato e debole: ma. nel
pecorso cinematografico di M. Troisi, la debolezza dei suoi personaggi
(che era forse anche un po' la sua)era la vera forza.
Troisi era un cineasta particolare: genio e sregolatezza caratterizzavano
i suoi film.
Questo in particolare ha un ritmo molto disordinato, la m.d.p. salta
da una situazione all'altra, il tempo è molto dilatato e l'intreccio
particolarmente appassionante e complesso e con coordinate precise.
Le inquadrature sono meno fisse in primi piani spesso statici su di
luie le scene sono molto più dinamiche con m.d.m. più sicuri,
che non nei precedenti film.
La maggiore maturità si manifesta anche con la naturalezza e
la stabilità delle strutture visive; Troisi usa tutta una serie
di varianti rischiando addirittura qualche infrazione.
Il film è il trionfo di tante cose: il vero sul falso, la realtà
sulla fantasia e l'essere sull'apparire.
"Le vie del Signore sono finite", è forse, più di tutti,
il film dove l'ironia, la semplicità e la sensibilità di
M. Troisi sono maggiormente espresse con successo.
Con questo film Massimo Troisi ha confermato appieno di non essere
il cabarettista televisivo passato alla regia, ma di avere la personalità
di un vero e proprio autore.